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17 dicembre 2008

BABBO NATALE ESISTE


Il 25 dicembre cosa regalo a Babbo Natale per il suo onomastico? Andiamo per ordine. Tanto per cominciare, molte feste religiose, come il Natale, sono solo il frutto dell'evoluzione nel tempo di feste pagane, originarie del mondo agricolo. Quello che mi chiedo è questo: perchè continuiamo a festeggiare qualcosa di cui, come civiltà, abbiamo perso il senso originario molti secoli fa? Perchè, anche in una società laica, abbiamo sentito il bisogno di perpetuare un evento religioso e mantenerne il carattere festivo? Solo perchè lo si è sempre fatto siamo in diritto di credere che sia giusto continuare a farlo? Cosa ci distingue da un gregge se accettiamo questo tipo di convenzioni sociali acriticamente, anche adesso che la loro motivazione originale è decaduta? E poi, un periodo di spese incontrollate e di gioia coatta aumenta realmente la qualità della nostra vita? Nulla ci impedirebbe di fare regali durante tutto il resto dell'anno; anzi sarebbero doni maggiormente graditi, più sentiti e genuini, inaspettati, ricevuti senza il disagio dell'obbligo al ricambio, fatti alle persone a cui si tiene veramente. Ci si ritrova in cui l'essere buoni ed altruisti è regolato da un comportamento imposto. "A Natale siamo tutti più buoni" e ci dimentichiamo che essere buoni non è un interruttore da accendere e spegnere, non è un passatempo, è una scelta. E che ci sono persone che vanno premiate per le loro scelte. Come appartenenti ad una collettività e come singoli esseri umani potremmo fare un passo avanti: liberarci dei comportamenti ipocriti e affrontare il fatto che magari non c'è del buono in ognuno di noi, e negarlo attraverso una grande illusione stagionale non serve più.
Le contraddizioni si accatastano giorno per giorno una sopra l'altra e far finta di non vederle è un esercizio di fantasia sempre meno plausibile. Un giorno dalla folla si farà avanti un bambino che, puntando il dito e ridendo, griderà: "Babbo Natale è nudo".

16 dicembre 2008

IL MALE

Osservazioni sull'immagine di sé.
Non so se sia normale che l'osservazione di terze persone si tramuti in analisi critica verso se stessi. Comunque è un genere di pensieri di cui non riesco a fare a meno. Ad ogni modo, ho avuto la prova provata che il ruolo di traditore non si addice alla mia persona. So fingere così deliziosamente di stare dalla parte del bene che finisco per rimanerne coinvolto e perdere l'attimo per sferrare il colpo decisivo. E alla fine perdo. Perdiamo. Io e il Male. E a me il Male piace. E il Male da la colpa a me. Ma il Male dorme, mentre io penso a tutti e due. Ricerca di semplificazione? Stilizzazione della visione di sé? Paura? Terremoto? Cavallette? Boh.


Ed in quel momento preciso dall'altra parte dell'esistenza, in quell'altro mondo che si può veder da lontano, ma senza mai avvicinarvisi, una piccola melodia s'è messa a danzare.

14 dicembre 2008

CONVINZIONE

So come è difficile riferire esattamente quanto è avvenuto anche un attimo prima. Se qualcuno si fosse trovato al mio fianco, la sua ricostruzione dei fatti potrebbe in certi casi avvalorare la mia, in certi altri no. E se fosse scattata una fotografia? La macchina fotografica mente sempre.
Il dato più sconcertante di questa dubbiosa questione è il seguente: il ricordo che si materializza ora, in questo preciso istante, non prova che quel che si ricorda sia realmente accaduto in passato. Io posso essermene convinto, soprattutto se altri, molti altri, ne sono convinti quanto me. Quando sono solo e l’esperienza, l’emozione, l’evento sono miei e miei soltanto, come escludere a priori che la mia mente non si sia inventata tutta la storia, compresa la sua fedele ricostruzione?

E se la risposta fosse dimenticare la domanda?

11 dicembre 2008

ALTER EGO

Mi scusi signore se ho calpestato il suo piede. Camminavo con la testa tra le nuvole, immaginando un mondo in cui lei non esiste. Se ciò non può giustificarmi, spero almeno possa spiegare la mia sbadataggine. Vorrei colpirla, signore, con tutta la mia forza incanalata in un pugno e fiondarla al suolo. Poi vorrei chinarmi su di lei e baciarla in fronte, signore. Vorrei tirarle fuori tutto il disgusto e la rabbia che prova verso di me e che nasconde tutti i giorni dietro la sua indifferenza patinata, signore. La sua e quella di tutti quelli come lei, signori. Io la ripugno, signore, e lei ripugna me. Non fugga, signore, non abbia paura di me. Io non potrei farle più male di quello che lei fa a se stesso, o quello che io faccio a me stesso. Se ora lei se ne va io resterò solo, signore, e lei smetterà nuovamente di esistere. Noi non vogliamo questo, vero signore?

7 dicembre 2008

SENZA SGOMBRO DI DUBBIO

La leggenda del calamaro con le braccia lunghe come il rimorso.
Scricchiolare è il mio modo di riflettere mentre ascolto la vecchia inquietudine. Un'eco di abisso. La parola eco è femminile, per questo ho utilizzato l'apostrofo. In preda ad una crisi di cacofonia cardiaca, immagine iperreale del non-detto e non-consumato, poltergeist del gusto. Dentro l'avvizzito secchio cerebrale del crapone, due pensieri se ne vanno a letto insieme. Dormo e sogno come sogna il mio amico immaginario, ovvero come sognano gli umani, poichè quello è il luogo in cui si incontrano normalmente amici immaginari e umani. Io sono un essere razionale, ma se l'irrazionale mi pesta i piedi, devo farci i conti. C'è una bufera che giostra solo me. Dannate quelle situazioni che non si fanno annunciare!!
Ed ecco il gran finale con gran piangianza e gran ridanza. Alza la mano per chiedere la parola, si alza in piedi: "E comunque io volevo solo dire che lo spazio pensiero è bianco e quasi totalmente vuoto, costellato di solidi platonici che rappresentano le idee. Le parole sono le dita con cui tocchiamo e veniamo a conoscere queste idee forme, nello stesso modo in cui un cieco impara a conoscere il mondo". Si risiede.
Tra poche ore sarò immerso nella frenesia metropolitana.

5 dicembre 2008

EVASIONE IN PITTOGRAMMI

In cui il mio amico immaginario scrisse ripetutamente la parola "scomparire", ogni volta con una tinta di inchiostro sempre più pallida.
La mia mente non è un luogo e il mio cervello non ha anticamera. Non è una macchina, non ci sono le rotelle, nè lampadine che si accendono. Non ci sono fessure per infilare le monetine e non ci sono tasti da premere, o, più pudicamente, da non premere. Non ci sono nemmeno pensieri che frullano o neuroni che muoiono di solitudine. Io dico di pensare, ma la verità è che non so cosa succede là dentro. Non so nemmeno se succede là dentro. Non so nemmeno se succede. Tenerci intorno la maggior parte degli organi di senso non sembra nemmeno una grande idea, visto che mi sembro ancora un singolo punto flottante con un corpo che ci penzola sotto.

2 dicembre 2008

TIMIDEZZA

Quando sono da solo, quando non c'è nessuno che può vedermi, mi capita di assumere pose teatrali, di provare movenze drammatiche, di fare tutte cose che non mi si addicono. E' che da solo sono finalmente libero di non essere me stesso. Esercizi di recitazione per imparare ad essere più nessuno. Era un po' di tempo che non mi sentivo così, caro giaciglio di spine. Ho paura di cosa possa rimanere di me, una volta svanita la mia capacità d'immedesimazione. Che poi la timidezza la faccio roteare fra le dita. E comunque non posso manifestare il mio disappunto sempre e solo accelerando. Cosa dovrei dire io, poi, che una faccia non ce l'ho?
Ho perso il filo del discorso di Arianna. Cosa stavo dicendo? Ah si: inventeremo un nuovo linguaggio, che nessun'altro potrà capire.